Servizi alla persona: gli antidoti alla disconnessione

Servizi alla persona: gli antidoti alla disconnessione

Un compito non facile: tenere insieme cura, protezione e sicurezza

In questo periodo, chi di noi lavora nelle organizzazioni che si occupano di servizi alla persona si trova davanti a un compito rilevante e spesso non facile: mantenere i livelli di cura in sicurezza, da un lato, garantendo allo stesso tempo vicinanza emotiva e motivazione a tutti i livelli, dagli operatori, ai coordinatori, a chi lavora nella direzione.

In concreto, questo significa gestire aspetti organizzativi e cura del gruppo, dove spesso si manifestano comportamenti e atteggiamenti, diversi tra loro, ma che riflettono emozioni  contrastanti , prime fra tutte  paura e rabbia: si va da attenzione a volte ossessiva per le misure di sicurezza, a rivendicazioni su questioni di vario genere (che siano contrattuali o organizzative) che appaiono incongruenti ed eccessive rispetto alla situazione concreta, a stanchezza cronica, senso di “non arrivare mai” (soprattutto a livello di coordinamento) fino a una sorta di indifferenza. In certi casi ci sono anche richieste esplicite di essere “seguiti di più” come équipe.

 

Come abbiamo scritto  nella newsletter di novembre, rischiamo di restare   immobilizzati nella nostra vulnerabilità. (..)Il trauma che stiamo vivendo andrebbe elaborato e trasformato vivendo in contatto emotivo con gli altri, connessi agli altri. (https://www.doceat.org/Elementi/newsletter-doceat-n1-2020/)

 

Alcune strategie per mantenere senso e connessioni

Impegnati nella gestione di aspetti quotidiani e nel garantire la necessaria sicurezza, potremmo perdere di vista alcuni aspetti fondamentali che ci consentono di operare in maniera serena ed efficace, soprattutto in questo particolare momento, mantenendo il senso del nostro lavoro. E allora, quali possono essere gli antidoti al rischio di disconnessione con noi stessi e con gli altri?

Possono risultare utili alcune strategie,  già sperimentate, soprattutto da parte di chi coordina i gruppi di lavoro o ha la responsabilità di un’area:

·       Prendersi cura di sé è il primo passo, fin dall’inizio della giornata. Può essere fatto attraverso un’attività fisica (se possibile nella natura o all’esterno) una meditazione, una lettura piacevole, come suggerisce Hal Erold  in “Miracle morning” (2016): attività che ci possono aiutare a tenere insieme i diversi livelli della mente, e ad  essere ben integrati dentro di noi, per prenderci cura degli operatori e, a cascata, degli utenti dei servizi

·       Stare in contatto con le nostre emozioni e condividerle: sappiamo che non è utile negare di aver paura noi stessi, per noi e le nostre famiglie. Poter condividere questo con altri colleghi o collaboratori  è un punto di forza e  una risorsa importante, anche  per evitare di “cadere” negli atteggiamenti di cui parlavamo sopra o per saperli riconoscere in noi, e cambiare direzione. Questo ci aiuta a..  

·       guardare oltre per sostenere gli operatori che li manifestano con uno sguardo di comprensione e reale ascolto: sappiamo che spesso la rabbia prende  il posto della paura, così come la svalutazione della gravità della situazione o delle possibilità di “fare altro” (“tanto, più di così..”), che  rimandano un senso di ineludibilità e impotenza; il rischio di farci “catturare” a questi livelli è spesso molto alto, e possiamo evitarlo solo se stiamo realmente in contatto con quello che noi stessi proviamo e sperimentiamo.

·       Intensificare momenti di scambio e di ascolto, come ad esempio, stabilire che ogni volta, all’inizio della riunione di équipe fare un giro su “come sta il gruppo” , in modo che ognuno possa esplicitare e portare alla luce difficoltà e preoccupazioni, prima di passare a questioni più operative; oppure, creare momenti di breve formazione su aspetti lavorativi di tipo esperienziale, dove le persone possano parlare di sé in maniera protetta e in sicurezza. In alcuni gruppi, dove lo abbiamo sperimentato, questo si è rivelato estremamente utile a rinforzare la coesione e andare in direzione di quell’intimità che  costituisce un vero e proprio antidoto al rimanere immobilizzati” di cui si parlava sopra

·       Stimolare la progettualità a partire  dalla valorizzazione dei punti di forza delle persone e del servizio: possiamo guardare  a cosa funziona come trampolino di lancio  per idee e progetti nuovi, sia nel definire i progetti individuali di chi frequenta il servizio, che per rinnovare spazi attività e direzioni del servizio stesso e di chi ci lavora.

·       Organizzare attività di benessere dirette agli operatori: che siano di tipo fisico o ricreativo, o dispositivi di “welfare aziendale” (sconti, convenzioni, mutue, benefit ecc)

·       Creare luoghi e momenti di riflessione e scambio per i coordinatori e la direzione come essere ad es. una community, dove ognuno porta le proprie esperienze “virtuose”,  o condivide strumenti e proposte.