Riconoscersi umani con l’arte

Riconoscersi umani con l’arte

Viviamo in un tempo, mai provato prima, di “sindemia”, cioè un tempo caratterizzato da patologie sanitarie, sociali, economiche, ambientali, psicologiche, che si manifestano tutte contemporaneamente, e da problemi legati ai nuovi modelli di vita e di relazioni umane. Viviamo nel pericolo ma, soprattutto, sentiamo la minaccia del pericolo. È un tempo di traumi spesso attesi, piuttosto che vissuti. E dunque crediamo che in questo tempo l’arte e la bellezza siano un potente strumento per aiutarci, e aiutare altri, non solo a dirci dove siamo, ma anche a darci stimoli per rianimare parti vitali spente, per ritrovare “il centro” e il senso del nostro essere al mondo, e la nostra stessa umanità. Alcuni spunti ce li forniscono i poeti, e non solo:

….andando nel sole che abbaglia
sentire con triste meraviglia
com’è tutta la vita e il suo travaglio
in questo seguitare una muraglia
che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia.
(E. Montale, 1925)

Se pensiamo a noi stessi e alle molte persone che incontriamo nel nostro lavoro, sappiamo come in certi momenti ci travolga una sensazione di ineluttabilità e di dispersione, alla ricerca di un senso che sembra non farsi trovare:

Di queste case
non è rimasto
che qualche
brandello di muro
………..
È il mio cuore il paese
più straziato.
(G. Ungaretti, 1916)

E allora da dove partire per ritrovare vitalità e speranza? Di nuovo, possiamo attingere ad alcuni versi:

È ciotola del cielo
il corpo
quando le radici urtano
cocciute
nella terra soffice,
è pane e vino
luce e fuoco
è scala:
dove vai?
(C.L. Candiani, 2014)

Senza andare troppo lontano, possiamo intraprendere la strada della ricerca di senso e di riattivazione della nostra vitalità, partendo da noi, dal nostro corpo, che ha radici “nella terra soffice” ed è “pane e vino-luce e fuoco-è scala”. Immagini che rimandano a e si potenziano nell’opera di Matisse “Le bonheur de vivre” (1905-6):

Photo by R. Vereuysse, licensed under CC Attribution 2.0 Generic

Un richiamo a usare un altro “strumento” che ognuno di noi possiede, l’immaginazione, con la quale possiamo attingere a significati ampi, attivare nuovi collegamenti mentali e aprire nuovi orizzonti, dove a volte possono coesistere, come in questo quadro, alberi rosa e uomini verdi. E con cui possiamo nutrire quella parte di noi che ci anima nel profondo, e dirle, con Mario Luzi:

Vivi, incredibilmente ti fu dato
(M.Luzi, 1945-48)

Ancora, l’arte ci aiuta a porre attenzione a un altro strumento:

Mi commuovi voce,
come sei pronta a ogni mio ritorno
a balzare
vita che balza
per farsi traccia
nel fitto
nel riposto dell’anima…
(C.L. Candiani, 2014)

E con la voce, la musica, come ci suggerisce la scena di questo film, “Il Concerto” (Radu Mihăileanu, 2009):

Due “ponti” potenti, che possiamo utilizzare sia per ritrovare in noi parti vitali, che per ri-centrare la nostra umanità nel legame con gli altri, perché, come ci ricorda Umberto Saba:

Essere uomo tra gli umani
io non so più dolce cosa
(U. Saba, 1928-29)

Un legame che, ritrovato, può farci passare dalla dispersione alla coesione, ed esprimersi in danza:

Photo by A. Milligan, licensed under CC Attribution 2.0 Generic

Possiamo così aprirci alla speranza, e accompagnare altri a farlo, ma con delicatezza e rispetto, perché

La “Speranza” è quella cosa piumata-
che si viene a posare sull’anima.-
Canta melodie senza parole –
e non smette – mai.
……………………
Io l’ho sentita nel paese più gelido-
e nei mari più alieni-.
Eppure mai , nemmeno allo stremo-
ha chiesto una briciola-di me.
(E. Dickinson, 1891)

C’è nuova vita che può nascere ed esprimersi, anche nelle situazioni più difficili, dentro e fuori di noi: ce lo ricorda Van Gogh che, pur avendo sperimentato momenti di grande angoscia e squilibrio nella sua storia personale, è stato capace di dare vita a questa immagine:

Photo: Public Domain

Così, possiamo dire con Dickinson:

Nuovi piedi camminano in giardino-
nuove dita smuovono la zolla-
……………………..
Nuovi bambini giocano sul prato-
nuovi corpi dormono di sotto- ma sempre ritorna la pensosa primavera-
e sempre ritorna la neve puntuale!
(E. Dickinson, 1859)

Una speranza nella resistenza dell’anima, quindi fatta di accoglienza degli errori in tempo di sindemia, di presenza in tempi di distanziamento, per ricuciture esterne ed interne di solitudini, di rabbie, di tristezze, e imprevedibilità. Per aumentare la vita attorno alle minacce di pericolo, al pericolo e al dolore.

Photo: Public Domain

Una mano femminile ed una maschile, che accolgono lo “smarrito”, ci richiama ad immagini nuove, cosicché il tempo delle cure e delle relazioni coincidono. Dove finisce la mano maschile c’è quella femminile, e viceversa.